Il Critico d’arte

Dr. Prof. Vincenzo PICCIONE d’AVOLA :Valutazione dell’operosità e del mondo spirituale dell’artista

Lo scultore Nino Lacagnina, nato in terra africana, è un artista assai complesso per le svariate tecniche e tematiche scultoree, che attingono sempre al mondo esotico africano, culla della sua natalità.

Il mondo spirituale di Lacagnina è, pertanto, come lo Stesso afferma; “abbagliato dal sole africano, dal giallo delle sue dune morbide, dal verde delle sue palme, dal bianco dei suoi ‘sux’ dal nero ebano delle carni delle sue genti e, anche, dai pazienti cammelli, dalle eleganti gazzelle, dai potenti leoni, dalle flessuose e misteriose danzatrici… , da tutto ciò che è bello, che è esotico!”.

Stupende sono le sue strutture scultoree che rappresentano questo mondo esotico africano, le cui linee e la cui plasticità, raggiungono livelli espressivi di alto valore artistico: guerrieri belligeranti, donne dai seni appuntiti e prominenti, dagli occhi dolci e dalle forme sinuose ed eleganti; maternità di grande tenerezza dove le grandi labbra della donna fanno eco alla generosità del turgido seno; animali esotici, scolpiti nella pietra e nell’argilla, assemblati in un giardino africano, ricostruito dall’artista in un angolo della sua villa. A riguardo, così scrive Lacagnirm: “per questo, nel mio giardino in campagna ho realizzato un angolo africano, dove una leonessa affonda le zanne nella giugulare di un bufalo in una presa mortale, una gazzella vigile osserva lontano, delle anatre planano dolcemente e uno stormo di uccelli vola alto nel cielo”.

Oltre alla produzione tipicamente esotica, Lacagnina si è profuso, magnificamente, in sculture a carattere religioso; infatti la sua spiritualità si incentra sulla contemplazione del Bambin Gesù, che viene donato all’uomo attraverso le mani di un angelo dal volto di donna africana; oppure, pensiamo alla maternità divina, che Lacagnina ha voluto rappresentare nelle forme, nei colori e nelle linee delle sculture africane.

Così scrive al riguardo questo artista di profondo pensiero artistico e di robusta fede: “per questo Gesù, dono divino all’umanità, nasce in una stalla, realizzata tra i ruderi di un vecchio tempio in una città araba, i Re Magi si muovono fra le dune; la maternità è una bellissima donna mediorientale”.

I soggetti scultorei, di cui parla Lacagnina, costituiscono l’interpretazione personale delle tematiche affascinanti del santo Natale di Gesù Signore; le modulazioni artistiche e i registri tematici di queste opere attingono, abbondantemente, alla formazione, alla preparazione tecnica e al retro terra naturale di questo artista.

La scultura di Nino Lacagnìna è, quindi, un’arte che suscita forti emozioni: emozioni di ogni tipo, sentimenti di fortezza, tristezza e di letizia: …così, il linguaggio plastico delle opere di questo scultore si fa poesia, si fa racconto di se, diventa diario della storia di grandi e sconfinati paesaggi interiori e di sentimenti contemplativi sulla vita e sugli uomini: “una coppia di ‘neri’,lui un possente guerriero e lei una dolce compagna, magnifica nelle sue forme, fa mostra di se”.

In queste parole del nostro scultore cogliamo un compiacimento artistico dinnanzi ad una sua opera, che rivive immagini che rimbalzano forti dalla profonda infanzia; ci dice, ancora, sulla forza delle emozioni, facendo un riferimento alle vicissitudini tristi della vita, che 1 ‘uomo, dinanzi al dolore del sicuro disfacimento, è come un guerriero africano “che combatte… la sua battaglia senza scampo con dignità. Egli, con il petto nudo attende il colpo finale senza paura (il braccio che sostiene lo scudo è disteso, senza difesa). Davanti a lui, piegato, ma non vinto, sta ‘karem’, la pietosa, con gli occhi vuoti e le mani unite, in attesa”.

Il pregio delle opere scultoree di Lacagnina è, quindi, da cogliere pure in questo alone di poesia e di incanto esotico che le avvolge tutte e, quando ci incontriamo con questa singolare produzione artistica, scaturiscono in noi solo potenti emozioni, sogni mai sognati, pensieri mai pensati, contemplazione di mondi mai esplorati: “emozioni, solo emozioni, – dice, poeticamente, Lacagnina – come quelle che nascono davanti ad una danzatrice thailandese, paludata da meravigliosi indumenti, finemente lavorati e colorati, che lasciano libere solo le braccia e le mani, le cui dita sono arenate all’indietro, in modo inverosimile per noi occidentali.

Che dire delle leggende… emozioni! “La fanciulla e il delfino” racconta di un delfino del Rio de/le Amazzoni, nello Stato brasiliano di Manaus che, nelle notti di plenilunio, si trasforma in un bellissimo uomo che va ad amare la più bella fanciulla del villaggio (umana fantasia popolare, che salva la dignità della fanciulla e di suo figlio che viene adottato dall’intera tribù)”.

Ecco questo ricco patrimonio culturale e spirituale di Lacagnina che anima queste stupende sculture, che, per essere amate ed apprezzate, debbono essere silenziosamente contemplate con quello spirito intenzionale di voler penetrare nell’universo esotico di questo artista unico e singolare.

Miti e cultura africana supportano l’ideale artistico di questa ricca produzione di uno scultore filosofo e appassionato, taciturno e dimesso, discreto e focoso.

In questa ricchissima antologia esotica “c’è anche ‘Isabò’ che, per una maledizione non vede più le sembianze umane del suo amato ‘Navarro’ (anche lui ha lo stesso tormento nei riguardi di lei) perché, al calare del sole, lui diventa un lupo privo di memoria umana, ma sempre attratto da lei che, al sorgere del sole, quando il lupo cede alle sembianze umane, si trasforma in falco e vola alto nel cielo”.

OPERA INTERNAZIONALE PRAESEPIUM HISTORIAE POPULI < GERACI SICULO – PALERMO. DR. Prof. Vincenzo Piccione D’Avola

Nino Lacagnina è scultore assai poliedrico nella sua interessante produzione artistica ; la sua fonte principale di ispirazione è la sua vita, ricca di esperienze, di emozioni e di sensibilità culturali non comuni.Vive pensoso e assorto nel mistero dell’arte che, di giorno in giorno, svela solo al suo cuore; infatti, quale “eremita dell’arte”, procede solingo nel suo cammino artistico orgoglioso e riflessivo, superbo ed umile.
Artista solitario è il Lacagnina, il quale vive la sua dimensione artistica nel “silenzio” della sua esistenza e nella sua piena maturità creativa.In effetti questo autentico artista ha raggiunto con l’Arte un amplesso così profondo e così vero, da renderlo quasi testimone dei misteri sconosciuti del mondo dell’Estetica.C’è, in verità, in Lacagnina un dialogo perenne con le forme, le linee, e gli spazi artistici, in cui tutto, poi, si sublima in volumetriche cromie di superlativa bellezza.
Questo solenne e pensoso mondo spirituale del Lacagnina noi cogliamo nella stupenda scultura Betlem ” il Presepio”, opera di alta raffinatezza artistica, che, sicuramente, consacra l’attività dell’artista e segna idealmente l’ingresso nel grande Anno del Giubileo del 2000.
Al riguardo, non è esagerato dire, che l’opera presepiale di Lacagnina è una gioiosa ed intensa riflessione religiosa sulla sua vita di artista e, in forza di questo, è un gesto altissimo di contemplazione del grande Mistero dell’Incarnazione.
Lacagnina, uomo e artista scevro da barocchismi, di ritualismi, di formalismi e di vuoti liturgisti, in questa sua magistrale Opera scultorea “IL PRESEPIO” si è sinceramente tuffato nel DIVINO; ha voluto, quindi, sperimentarsi, misurarsi, provarsi e,se volete, inginocchiarsi, dinnanzi all’Eterna Verità: Gesù Signore e Salvatore del Mondo, ieri, oggi e sempre!
Questa sua originalissima terracotta, lavorata sapientemente, brilla di splendide policromie: è una vera esplosione di luce e di vita.
La creta, materia grigia e inerte,nelle mani di Lacagnina assume forme di vita e di spazi di luce, vere volumetrie di “misteri illuminati” dalla luce del cuore e della mente di un uomo contemplativo, pensoso e solitario, autentico figlio legittimo dell’Arte.
Quale gioia immensa avrà provato questo scultore, quando da quella materia inerte e senza luce, fredda e senza vita, ha tratto fuori come esperta levatrice,una creatura così speciale, il “Presepio” : un bambino avvolto in fasce…per culla una mangiatoia; Maria e Giuseppe, compresi intensamente nel Mistero Divino dell’Amore; i Santi Magi, le pecore e i pastori…tutto in una capanna di canne e paglia, fuori dalle porte di Betlem.
Questo mistero specialissimo, celebrato nel Presepio, si è cosi’ svelato nel cuore di quest’Artista e solenne è venuto alla luce per stupirci ancora una volta.
Questa splendida scultura è stata donata all’Opera “Praesepium Historiae Populi” e, pertanto,verrà perennemente esposta nella “CASA MUSEO V.PICCIONE D’AVOLA” alla
Ammirazione dei visitatori.

30 Dicembre 1999

Vincenzo Piccione D’Avola
Critico letterario e d’arte

Alla luce di tutto questo occorre concludere che tutte le opere di Nino Lacagnina vengono partorite nella loro elegante plasticità e nel loro sobrio cromatismo da forti emozioni, da sensazioni di alto livello lirico e da pensieri pensati e contemplati dall’artista nella anamnesi nostalgica della sua natalità.

Giugno 1999

Ezio Andò – critico d’arte – 6 dicembre 2000

Nino Lacagnina, artista sensibile ai grandi problemi dell’essere, ama la vita, vive e gioisce e soffre nella sfera del sentimento e della fantasia i suoi stati d’animo.

Una realtà con la quale l’umanità si è sempre misurata inutilmente è rappresentata dalla scultura “Il viaggio” dove l’artista paragona la vita ad un viaggio su di un carro che conduce ciascuno “alla meta”.

La vita, attraverso questa rappresentazione scultorea, è celebrata in tutti i suoi stadi, dalla fanciullezza alla vecchiaia, come se il cuore dell’artista anelasse ad un raccordo armonioso tra presente e passato, tra la realtà e l’ideale, tra la gioia di vivere con generosa presenza l’esistenza e la grande fatalità della fine.

I personaggi la rendono varia ed intensa  come a testimoniare i diversi stati d’animo dell’artista :

gioia di vivere, nostalgia della gioventù, consapevolezza del presente, sbigottita certezza della fine, abbandono pacato al ritmo della natura.

“Cuore, cadrai; ma datti pace: questa è natura”.

Così sembra dire l’artista con quest’opera senza fare trapelare nei suoi personaggi  questa commozione, essi infatti, esprimono estrema sensibilità e dolcezza, la loro fattura manifesta una euritmia curata nei particolari.

Ma come in una notte di luna, quando la terra si disseta con la rugiada e l’usignolo canta tra le fronde, una pace dolcissima invade i cuori e li consola, così, dolce consolatore è l’amore che regna sovrano e consola la vita.

Nell’opera “Il viaggio”, questo trionfa a dispetto dell’effimero.

Dott/sa Rosetta BonomoGiornalista e Critico Letterario e D’Arte

Africa

La tua Africa, alta, slanciata, protesa verso liberi lidi
porta dolcemente verso ampi e liberi spazi
dove la libertà non ha vincoli
dove la natura non ha lacci.
La tua Africa è la libertà senza veli
la tua Africa è il sole che dà vita
la tua Africa è la luce che vivifica
facendoti  vivere
la vita che si vorrebbe.

Marilena Rodica moderatrice del Convivio

Nell’ammirare “Nicuzza” e leggendo i versi ad essa dedicata da Nino Lacagnina emerge spontanea la riflessione che veramente l’arte dovrebbe rendere tutti partecipi di questa sublime passione che parla anche tramite la sensibilità della poesia!
La scultura è molto espressiva e la poesia commovente nella sua crudele realtà.
La posizione delle mani esprime una grande voglia di abbracciare un volto che, al suo turno, inconsapevolmente, aspetta le carezze. Questo mi suggerisce la posizione della testa .
La cosa più bella però, credo sia la Sua persona, la Sua modestia e la combinazione felice tra la delicatezza della parola e la durezza del legno o della pietra che si lasciano scolpire, modellare, secondo la forma del pensiero.

“Nulla sai dei sorrisi,
dei balocchi,
dei fiori,
del mare,
del sole,
della vita”.
L’arte ha anche la nobile missione di insegnarci quanto vale un sorriso, un fiore, il mare e il sole per sentire la vita e regalarla agli altri!

Il critico d’Arte Ezio Andò 27-2-2008

La personalità di Nino Lacagnina si sviluppa artisticamente, su due direzioni:

una che lo vede intento a plasmare l’argilla, l’altra che lo vede impegnato ad annotare i suoi pensieri pregni di emozioni.

La comparsa dell’iride nel cielo rabbonito, un germoglio che timidamente vien fuori da un seme, la comparsa di un cucciolo spelacchiato, tutto acuisce la sensibilità dell’animo dell’artista intento ad osservare i fenomeni della natura, ad intendere il bello ed a commuoversi di fronte ad eventi  che coinvolgono l’umanità.

Ed ecco che la materia prende forma, diventa creatura e sembra parlare all’osservatore attento a cui svela i pensieri, i sentimenti, le impressioni dello scultore sui suoi viaggi in terre lontane, visitate con tanta bramosia.

Quando poi la commozione raggiunge l’apice, il cuore dello scultore si apre alla poesia e i suoi versi lasciano chiaramente vedere i moti del suo spirito verso le persone a lui vicine e a quelle che purtroppo non lo sono più, alla nostalgia per la terra natia circondato dagli affetti dei suoi cari, alla passione per i paesi dall’antica civiltà.


Il Critico D’Arte  Emanuele Zuppardo

Nello stato di Manaus, in Brasile,tra la confluenza del Rio Negro e il Rio delle Amazzoni, nelle notti di plenilunio,  quando tutto è silenzio, dalle acque emerge un gran delfino che, al chiarore della luna, si trasforma in un vigoroso giovane uomo.

Presto raggiunge la riva e, con passo deciso, si reca al villaggio dove in una capanna una fanciulla bellissima l’attende. Lei sa che la nudità la rende preziosa; i suoi piccoli seni turgidi sono doni, i fianchi flessuosi brune liane, le rosse labbra boccioli odorosi,i capelli orchidee nere.

In questa leggenda di Manaus descritta da Nino Lacagnina, c’è tutta la sensibilità e il contenuto dell’opera artistica dello scultore-poeta nisseno, artista solitario, colto, sensibile, amante della quiete e della semplicità.

Per lui, poeta vigoroso proiettato verso entusiasmanti esperienze di grande respiro culturale, tutto si traduce in essenzialità come a descrivere con il cuore e la passione immagini eteree e sognanti che prendono forma a contatto con le sue dita che magistralmente plasmano la creta impastata dalle sue mani. Le sue opere diventano così linguaggio nuovo e ricerca di un nuovo estetismo che anima soggetti e cose: li colora e li alita col suo amore di uomo sognante e semplice.

Lacagnina, “titano che con la mente intuisce l’infinito alla ricerca dell’immortalità”,

prima di realizzare un’opera plastica fissa sulla carta emozioni e sensazioni definiti “pensieri” che lui mastica, medita, riflette, sino a che quel pezzo di creta prende forma. Così nascono Karen e il Guerriero, il Dolente, la leggenda di Manaus, Navarro e Isabò, i Neri, Nicuzza, Animandoci, Alba, Terra e Oltre, Il Viaggio. E così nasce Jannari, la fanciulla dai grandi occhi di gazzella, uccisa dai terribili predoni nel deserto.  E la donna Farfalla dai grandi occhi “bistrati” per intimorire chi vuole ghermirla o per turbare chi trova attraente. Quella donna farfalla vestita di “giallo come l’oro dei campi di grano per spostarsi indisturbata o per narrare della vita intrauterina; rosso fuoco per mimetizzarsi nei boschi autunnali o per infiammare passioni;  blu, turchese,azzurro chiaro per sembrare cristalli di brina mattutina o per narrare del mare, origine della vita; nero per adattarsi agli ambienti fumosi della civiltà moderna o per narrare chi non c’è più.

Così lo scultore Lacagnina si rileva un artista serio e completo, che continua ad operare sulla strada maestra della passione. E ci regala immagini piene di significati e ricordi in una sorta di penetrante dialogo con la natura che si snoda e prende il volo fino a raggiungere un’originale versione poetica. Nel plasmare le sue opere – infatti-è consapevole di realizzare un’azione cosciente del passato e del presente, interrogandosi in continuazione sui luoghi del silenzio e del sublime, segnati dai giorni e dagli attimi, frammisti a ricordi di viaggio in paesi fantastici con culture diverse. Così crea sculture, veri gioielli d’arte, che servono a dare risposte a se stesso, al suo modo di intendere e di vivere, sul come ascoltarsi e fortificarsi, traendo da esse la certezza e originando una dialettica tra rappresentazione ed evocazione, tra sogno e poesia, tra suggestione ed essenzialità.

Questi è Lacagnina, scultore dal cuore nobile, eccentrico ma semplice, che mira ad essenzializzare ogni cosa in un rapporto di quiete, di semplicità con la natura.

Gela 17/08/2005

Dott/sa Nuccia Grosso Azzaro La giornalista critico letterario e d’arte

I poeti sono quasi tutti sognatori, ma non tutti i sognatori sono poeti.

Contravvenendo a questa regola ormai codificata, si può affermare che Nino Lacagnina è un sognatore poeta perché racchiude nello scrigno del suo pensiero due perle di rara qualità:

la prima di preziosa caratura onirica, la seconda di proteiforme costrutto lirico.

Nel Parnaso della vita le Muse planetarie scelgono e sorreggono l’uomo giusto che non sarà mai un mito, né una leggenda dell’Olimpo, ma più semplicemente un cantore della realtà trasfigurata dal suo sentire, dal suo osservare, dal suo modellare i moti dell’anima, gli impulsi, le pene, le esaltazioni e le intuizioni che sono l’esclusivo patrimonio dell’artista. Il tutto inserito in un panteismo narrativo, dove anche il racconto fiabesco assume il significato ideale di un dialogo sempre vivo tra l’autore e tutti gli altri che sono i viandanti di un regno colto con le sue sembianze, le sue metafore ed i suoi simboli.

Un dialogo pregnante di immensa umanità nel quale e con il quale Nino Lacagnina traduce e amalgama i sentimenti e le fantasie, le speranze e le tenere malinconie che alimentano un uomo semplice, discreto e profondamente vero come lui.

Nei suoi versi e nelle sue prose non c’è nulla di criptico né di ermetico.

Il suo linguaggio è solare, diretto, stilisticamente elegante e sobrio.

Tra sogno e poesia si incunea la forza morale e la ricchezza intellettiva di uno scrittore atipico, fuori da ogni standard  convenzionale e da ogni retorica contenutistica che trasferisce nei racconti e nelle poesie le emozioni quotidiane del vivere comune felicemente coniugate con le narrazioni favolistiche in un riuscito maquillage di eventi, di cose e di uomini ripuliti da impurità e da artifici verbali e ciò sia che tragga ispirazione dalla meditazione

sul mondo antico e nuovo che lo circonda ( leggi “Le Forme”, “Sotto il cielo”, “La corsa”, “Note antiche”, “Di tanto in tanto”,

“La Serenissima”, “Pomeriggio in compagnia”) sia che poetizzi i ritmi della memoria e l’intensità del pensiero.

Talchè la vita e la morte sono parimenti figli di una catarsi cosmica che sa di riscatto e di libertà.

Nella pregevole introduzione dell’opera di Nino Lacagnina curata dall’ottimo Emanuele Zuppardo, quest’ultimo ha analizzato con attento spirito critico le prose ed i componimenti di Lacagnina sottolineandone significati, messaggi e respiro culturale.

Pertanto, dopo aver letto e condiviso le opinioni dell’amico Zuppardo, io mi astengo dalla ripetitività di un ulteriore commento sui singoli capitoli che compongono la raccolta di Nino Lacagnina.

Di questa fatica letteraria dell’autore a me interessa ribadire il valore discorsivo e la qualità degli scritti augurandomi sinceramente che Nino Lacagnina, alla luce degli unanimi consensi ottenuti, prosegua lungo il cammino intrapreso perché lui sa parlare encomiabilmente l’inestinguibile idioma dell’arte nelle sue più ampie ed intense estrinsecazioni creative.