Caltanissetta (Italia)

La mia città (Caltanissetta)



Amico mio (via Chiarosi)



Amico mio, una sera abbiamo parlato d’avvenimenti lontani…del quartiere…di Michele (u nano) … ed io mi sono sentito trasportare nell’atmosfera di quei tempi.
Così ho avvertito l’odore dell’aria settembrina che bagnava la scalinata San Giuseppe, Via Chiarosi, Via Dante; ho udito quel gridato lamento rauco che diceva “carduna … caudi caudi” e le voci che sciorinavano “accattatevi u brodo… na signora Buscemi… Via . Chiarosi… nummaro cinquanta”. Immerso nell’atmosfera, ho visto le bianche capre dalle lunghe corna a tortiglione che arrivavano di primo mattino e le donne sulla soglia con le pentole nelle mani nell’attesa del latte appena munto.

Con perfetto sincronismo, come allora, ho ascoltato: ” cafè… caudu caudo”.I bambini, di lì a poco, in slip e canottiera, con un gran pezzo di pane in mano e la scodella, erano già pronti per la colazione.  Via Chiarosi a quei tempi brulicava di vita. La maggior parte delle persone abitava ai piani terra, una porta accanto all’altra, da dove ogni mattina uscivano due, tre, cinque, dieci persone.Nelle sere d’estate, quando si sentivano frinire le cicale e si vedevano le scie luminose delle lucciole, gli adulti sedevano davanti l’uscio e discutevano tra loro mentre noi maschietti giocavamo “o munti”, a “muzzuzzù” o alla “cavaddina” e le femminucce alla corda o a “pedi unu, dui, tri,… tabbiti, tibbiti e un viscotto”.

Il quartiere era anche il territorio di Tosca, una cagnetta pezzata di bianco,che si procacciava il cibo visitando tutte le case a turno.Mio fratello Lello l’accoglieva apostrofandola sempre con un appellativo poco garbato perché, in determinati periodi dell’anno, si presentava con un codazzo di cani.Per la Madonna Assunta, la via si vestiva a festa con bandierine di carta crespa di vario colore sospese nell’aria a fili tesi tra una casa e l’altra.

Il simulacro della Madonna era addobbato sapientemente con foglie d’alloro intrecciate, arance, mortella e nespole invernali. La sera si cantava ” a nuvena ” e, poi, in coro, s’intonava la richiesta ” i ciciri e lu vinu sinnò un ci vignu chiù… o Maria o Maria… viva Maria i i a”.  La festa si concludeva con la benedizione dell’effige della Madonna, la corsa con i sacchi e la rottura dei “pignatuna” che contenevano ” ricchi premi “: bomboloni, caramelle di zucchero e torrone casereccio.  


Ti ho anche chiesto, amico, se ricordavi Assunta. Io la ricordo. E’ stata la prima persona che ho visto priva di vita distesa sul letto con le vesti bianche attorniata da fiori.
Strano! La ricordo in quello stato, ma non in vita.
Io ricordo anche un’altra Assunta. Lei era bellissima con qualcosa da gitana: occhi bruni, capelli neri lunghi e ondulati, un vitino da vespa e un seno superbo. Io mi struggevo.
La notte la sognavo. Nel sogno tutto era semplice e naturale: l’accarezzavo, la baciavo, e lei ricambiava.
Di giorno, davanti a lei, perdevo ogni baldanza, ero impacciato, sudavo e nulla osavo.Assunta mi provocava.
Una sera c’incontrammo ” all’abbrevaturi “. Io ero in uno stato confusionale, rigido. Lei mi baciò, mi prese una mano e se la portò al seno. Io rimasi immobile.
“U stazzoni” era la prateria, la nuova frontiera; tra i campi consumavamo le nostre scorrerie che quando fruttavano, quando la guardia campestre non si accorgeva di noi e non c’inseguiva a cavallo di un mulo per farsi consegnare il maltolto, il bottino consisteva in un paio di mele, fichi o mandarini.
Nella prateria gli scontri a pietrate con quelli di San Francesco erano quotidiani. Alla fine d’ogni battaglia, unica nostra preoccupazione era di camuffare le ferite subite, qualche lacerazione o escoriazione, che ci avrebbero denunciato agli occhi dei padri che, intuendo tutto, saggiamente, per quei tempi, ci avrebbero elargito un sacco di botte.A “piscarì” era un incanto; accanto ai “fogli amari canzati” stavano quelli che vendevano le verdi “angiddi” e “i cosi vivi” dell’Imera anch’esso ancora in vita
Di recente sono tornato in Via Chiarosi; tutto è silenzio e le porte dei vani terra sono serrate. La città si è spostata, ingrandita, ed ha dimenticato i suoi vecchi quartieri.
Se chiudo gli occhi però, io vedo ancora il vecchietto che vende mazzetti di “spicuna”, rametti di liquirizia, caccami e nespole invernali: ” tutti cosi pi li carusi”.
Quanto pioveva allora! La strada lastricata di “basuli di Catania” era sempre bagnata da Settembre a Maggio.
Ogni cosa è cambiata, le stagioni, le persone, il modo di vivere e… le lucciole non esistono più.

Ninoelle